Perfezionismo

Dr.ssa Sabrina Pontani
Psicologa Psicoterapeuta
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La trappola del perfezionismo

Perseguire buoni risultati, cercare di migliorarsi e far bene le cose sono atteggiamenti positivi. Quando l’attenzione ostinata ai dettagli, la continua ricerca del massimo risultato e la tendenza a criticare risultati non soddisfacenti si combinano tra loro parliamo di perfezionismo. Il perfezionismo, a piccole dosi, può essere una strategia per raggiungere i propri obiettivi di vita. Una certa tendenza al perfezionismo potrebbe essere una conseguenza del bisogno, basilare nell’essere umano, di competenza ed autoefficacia. Tuttavia, esiste anche un lato oscuro verso il quale occorre prestare attenzione. Quando la ricerca della perfezione è continua e pervade diversi ambiti della vita anziché migliorare le performance rischia di inficiarle a causa di un’eccessiva accuratezza e meticolosità.
In psicologia il concetto di perfezionismo risale alla fine degli anni ’60. Hollander (1978) definisce il perfezionismo come la consuetudine di chiedere a se stessi o ad altri livelli di performance più elevati di quanto non sia necessario in una determinata situazione. Inoltre evidenzia la possibilità che esista un perfezionismo “normale” in cui la persona stabilisce standard prestazionali elevati e una volta raggiunti è soddisfatto di sé e un perfezionismo “negativo o disfunzionale” in cui chi ne soffre non riesce mai a fare abbastanza per essere soddisfatto della propria performance (E. Giusti, O. Caputo, 2009). In quest’ultimo caso è chiaro come l’autostima del perfezionista dipende dal raggiungimento degli obiettivi stabiliti.
Il perfezionismo è disfunzionale quando compromette il benessere dell’individuo provocando:
Sabrina Pontani | 18/12/2018
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